lunedì 24 ottobre 2011

Per un condono (politico) tombale

Per un condono (politico) tombale

Il libro di Alessandro Robecchi è in libreria!
Si chiama Piovono Pietre (naturalmente!), ed è edito da Laterza.
non fatevelo scappare!

http://www.alessandrorobecchi.it/index.php/201110/tra-flaiano-e-bianciardi-piovono-pietre-la-recensione-de-il-manifesto/

a questo link invece la recensione fatta dal manifesto

lunedì 10 ottobre 2011

G-Male, ecco l'uomo perfetto

da Blomming con furore

Cookies con gocce di cioccolato di Nocciola e cannella biscotti ...

Da oggi potete comprare i biscotti dell'asino su Blomming!
Non fateveli scappare, e spargete la voce!

giovedì 6 ottobre 2011

cercare lavoro


se penso alle lettere che mandavo appena uscità dall'università, o pochi mesi prima di laurearmi, ai potenziali datori di lavoro, mi commuovo pensando al tono di reverenza, e ai grandi ideali che trasudavano. non riuscivoi a spiegarmi perché nonostante il mio entusiasmo e la mia enfasi, non stessi già facendo, strapagata of course, il lavoro dei miei sogni.
scrivevo queste lettere cercando di convincerli.
naturalmente passavano i miei mesi e il mio entusiasmo scemava.
il punto di non ritorno è stato un colloquio in adecco. mi ritrovo a cinguettare in inglese davanti a questa mia coetanea, che dopo avermi fatto parlare per 10 minuti conclude dicendo "beh, metto la crocetta, credo che lei parli bene l'inglese, ma io nbon ho capito nulla perché non lo parlo".
in quel momento li ho odiati tutti. ho capito che per non avere più niente a che fare con loro dovevo diventare potente. avere un lavoro.
anni dopo mi trovo punto a capo. con una certa soddisfazione ho notato che le agenzie iterinali sono quasi scomparse. la mia fanciulla dell'adecco si sarà trovata davanti a qualche cretino che non capiva la lingua straniera in cui faceva il colloquio e avrà provato la mia stessa frustrazione.
ora inizio a chiedermi se mandare un curriculum in cui fa bella mostra un master sia una buona idea. mi fa sentire così cretina. e mi chiedo com'è possibile che sia al punto in cui ero 4 anni fa. anzi un po' peggio, perché questi anni mi hanno privata degli alti ideali che avevo una volta. sarà il realismo, ma nell'ultima settimana mi sono trovata a scrivere alle testate più chic di condé nast e a grom,
a spiegare ai photoeditor di D perché mi piacciono le loro fotografie e a eataly che siamo ciò che mangiamo.
una donna de panza insomma.
spedire curriculum a persone che sembravano più disperate di me, aziende che stanno licenziando o fanno cassa integrazione, uffici senza mobili.
dire all'impiegato della temporary, circa mio coetaneo, che vorrei un lavoro per pagare l'affitto, e lui, che stava dall'altra parte della scrivania, dirmi che viveva ancora con i genitori.
uno scenario misero, infelice.
e non riesco ad accettare la frase che quando si chiude una porta si apre un portone, non dopo quello che sto vedendo, le persone con cui mi confronto.
mi sa che questa porta starà chiusa fino alla prossima generazione e noi guarderemo la giostra che gira.

giovedì 29 settembre 2011

A Milano due giorni di ciclo-erotismo


A Milano due giorni di ciclo-erotismo

a passo d'uovo


il ciclista non ha amici naturali. lo sanno tutti i ciclisti urbani, anche se forse molti non hanno il coraggio di ammetterlo. Ci piace pensarci integerrime persone, che non inquinano e migliorano l'ambiente.
se fossimo nella foresta il ciclista caccerebbe di notte, da solo, diffidando di tutti, anche dei suoi simili.

naturalmente il nemico numero 1 è l'automobilista, quella strana figura protetta da un esoscheletro di metallo, che confonde la sua natura di bipede credendosi quadrupede.
spesso è incapace di manovrare la sua corazza, sfuggono al suo controllo freni, sportelli e altre parti evidentemente troppo complesse da poter essere adeguatamente coordinate.
è chiaro che a volte l'umano dimentica l'esistenza di sofisticate strumentazioni quali i freni e i lampeggianti creando inconvenienti stradali.
si verificano anche molti casi di controllo territoriale con feroci lotte per la conquista del territorio e del parchggio, in cui si vedono alcuni esemplari, desiderosi di assurgere allo status di dominatore, piazzarsi accanto agli esoscheletri, im modo da impedire passaggi e uscita e imponendosi come figura alfa della via.

naturalmente neppure i bipedi sono amici del ciclista. sebbene a uno sguardo superficiale li si possa vedere uniti nella lotta all'alieno automobilista invece feroce è la lotta per la spartizione del territorio.
tutto è terreno di conquista. le piste ciclabili e i marciapiedi sono cause di lotte sanguinarie.
probabili incomprensioni di fondo, scarse comunicazioni e evidenti mancanze dei responsabili della viabilità portano a sguardi in cagnesco, ltigate e desideri di spietate aggressioni.
ma io mi chiedo, fratello pedone, cosa ti spinge a piazzarti fermo e assente, incurante del pericolo, nel mezzo di una pista ciclabile? ti metteresti a telefonare nel centro di una carreggiata? e perché se senti un gaio scampanellio indirizzarsi insistentemente verso di te non ti sposti, ma incurante prosegui nei casi tuoi? pensi di non farti male? o di avere ragione? pensi forse che il ciclista provisto di RC paghi per te, pur essendo nel torto? non è così.
e cari bipedi con prole, i figli sono vostri. se li arroto sotto le gomme, carissimi, non me ne frega un cazzo. stateci attenti.


Naturalmente dall'elenco dei nemici non possiamo eliminare camion, pulmini e motorini, che tutti grazie alla loro stazza, si sentono particolarmente agili nel traffico e quindi assolutamente incuranti dell'esistenza altrui.
anche se, a essere sinceri, questi sono tra i nemici più insignificanti che un ciclista urbano possa affrontare.
naturalmente l'amministrazione cittadina figura tra i nemici top del ciclista.
L'incuria delle buche stradali che regala piacevoli incassamenti vertebrali e caduta della catena.
L'assenza o la mancanza di segnalazioni di piste ciclabili, che quando ci sono consistono in strisce pitturate di cupo sopra radici o protuberanze, per garantire emozioni cross anche al triste impiegato che ogni mattina si reca in ufficio.
anche i parcheggi sono un ostacolo che richiede grande intelligenza per essere aggirato. in alcune grandi città è più facile trovare parcheggio per una smart che per una bicicletta.
i pali mal conficcati a terra sono un'insidia, e una tentazione al furto.
ciò che è saldamente conficcato al suolo è infestato dai motorini, e anche quando si riecse ad accapararsi una di queste ancore non si è al riparo dai furti. ervirebbe lucchettare sellino, campanello, ruote, manubrio e ogni tipo di componente estraibile e smontabile. insomma, andare in giro talmente carichi di catene da sembrare un fantasma senza pace.



la foto è di Ria Tony Kyriaku/Olycom

martedì 30 agosto 2011

Il film dei film



Rifatevi gli occhi col film dell'autunno.
vorrei sapere quanti pagheranno per vedere Ezio Greggio in 3d.
anzi no.

lunedì 1 agosto 2011

senegal e nuvole

ho letto che la vita dei vegetariani in senegal è assai dura.
perciò ho deciso, che qualora la mia scelta dovesse risultare offensiva e inconciliabile per le persone che mi accoglieranno, mangerò carne.
dato che in questi 13 anni la mia scelta è sempre stata sostenuta da ragioni etiche e politiche, crecherò di anteporre il rispetto per i miei ospiti alle mie scelte.
naturalmente questa è da considerarsi come una soluzione estrema, e io spero che non mi venga negato un piatto di riso e fagioli

domenica 31 luglio 2011

domenica 17 luglio 2011

l'affaire trasformismo

trovo su spinoza.it, riporto e consiglio una visita.

Un’esondazione di voltagabbana

Diciamolo per tempo: avremo un’altra occasione da lasciarci sfuggire. Capiterà al termine della storia politica del nostro attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando il Titanic ch’egli ha comandato per anni cozzerà inesorabilmente contro il freddo iceberg della sua vecchiaia (a patto che qualche scialuppa non lo recuperi all’ultimo istante – ma in quel caso ci auguriamo si tratterà della barca di Caronte).
“Ho ancora il 60% dei consensi!”, rivendica il Premier. Virgola quattro, Silvio, sennò non ti credono. E infatti qualcuno s’è accorto del pericolo: alcuni topi già abbandonano la cambusa della nave da crociera del Sultano, che comincia ad avere qualche falla ed è destinata ad affondare. Ma è solo l’inizio poiché tanti ne seguiranno, ci vorrà del tempo (pensate che ancor oggi molti imbastiscono manifestazioni pro-Berlusconi. Ottime occasioni, per beccarli tutti assieme).
Bene, il nostro giudizio è questo: non si dovrebbe permettere a nessuno di questi ratti di saltare su di una nuova nave. Non alle pantegane (i servi istituzionali e mediatici del Sultano), e solo parzialmente ai topini (i semplici elettori di Berlusconi), dei quali si potrà tranquillamente incamerare il voto lasciandoli però ai margini delle decisioni (tanto si accontentano già ora d’esser trattati così, non si vede perché concedere loro altro).
Non esiste che la parte del popolo che ha sostenuto per anni un coacervo di delinquenti venga a dettar di nuovo legge come se nulla fosse accaduto, rifacendosi una verginità e raccontandoci di aver sempre criticato Berlusconi o peggio di non averlo votato. Sappiamo bene quanto gli italiani siano avvezzi a questo: un popolo che, salvo minoranze di uomini onorevoli (cioè i partigiani guerriglieri da una parte e i folli fedeli di Salò dall’altra), riuscì a trasformarsi da menefreghista pro-fascista a menefreghista anti-fascista, cambiando bandiera – al solito – al girar del vento. Per non parlare della dabbenaggine che dimostrò nel lasciarsi scippare l’ultima occasione di redenzione (in quel caso, morale), quando, subito dopo “Mani Pulite”, affidò la costruzione della Seconda Repubblica a un già ampiamente compromesso figliastro della Prima. (Oggi Berlusconi, in declino, grida: “Non finirà come nel ’94!”. Lo spero anch’io: non sopporterei la discesa in campo di un altro pifferaio magico).
Dunque siate radicali: voi lo sapete, tra i vostri conoscenti, tra i vostri amici, tra i vostri parenti, chi ha supportato il Sultano. Non dimenticatevene: quando non comanderanno più, non ci dovrà essere compassione per queste persone, che sono responsabili fino alla loro ultima azione pubblica (compiuta per convenienza, per malafede o per ignoranza – non c’importa). La democrazia sembra funzionar meglio laddove è coadiuvata dalla riprovazione etica verso i suoi pervertitori, no?
Politici, inciucisti e finti oppositori, portaborse, servi zelanti, saltimbanchi e troie di regime, sedicenti giornalisti, pubblicitari e propagandisti d’ogni tipo, prelati, pseudo-intellettuali prezzolati, opinionisti un tanto al chilo, feltri e belpietri d’ogni risma, laidi imprenditori, contenti evasori, cittadini ignavi o ignoranti d’ogni sorta. Di tutti dovrà esser fatta piazza pulita (almeno nell’accezione che intese Gianfranco Fini quando, a braccetto con Berlusconi, prese in mano la Rai per la prima volta – ma lui con lo scopo di riempirla di servi). È triste doverlo dire, nella misura in cui può esser triste un’istanza illiberale; si vorrebbe non essere obbligati a sostenerlo, ma quest’obbligo è realistico se, come sosteneva Spinoza (quello meno famoso, senza il “.it”), la pace non è assenza di guerra, bensì una virtù, uno stato d’animo, una “disposizione alla giustizia”.
Bisogna perciò che gl’italiani ci tengano a chiudere una buona volta i conti con loro stessi (cosa che ogni spirito giovane e bennato dovrebbe augurarsi, e infatti Beppe Grillo se ne dimentica sempre). Tuttavia non v’è alcuna speranza che ciò accada: a questo popolo sono state raccontate belle favolette per così tanti anni che ha perso ogni nervo, ogni arditezza, ogni coraggio (che già naturalmente la sua indole tenderebbe a non possedere), ed è maledettamente viziato.
Sarà la solita presa in giro, la solita farsa, il solito penoso melodramma all’italiana. Sarà un’esondazione di voltagabbana.

sabato 16 luglio 2011

nel blu, animato di blu



Finalmente quelli di Blu hanno vinto il Premio speciale della giuria di Annecy, con Big Bang Big Boom uno strabiliante cortometraggio.
speriamo di vederene altri e complimenti!

giovedì 7 luglio 2011

Pc, Dc, Psi...

Mentre a Milano, in Triennale bovisa fino al 10 luglio, si espongono le foto storiche e i manifesti del fu Partito Comunista Italiano, quello dei tempi duri e puri, di quando si andava in vacanza a Togliattigrad, vi propongo, oltre a qualche foto della mostra, delle chicche scovate tra internet e gli archivi della dc.
Gente seria, altroché il milione di posti di lavoro, sole e sesso per tutti.


Aggiungi didascalia







cliccate sopra i poster per ingrandirli e leggere agevolmente i pezzi

mercoledì 6 luglio 2011

Venere nera nella casa

L'altro giorno sono andata a vedere Venere Nera.
è un film tratto da una vicenda realmente avvenuta: la storia di Sarah, una giovane boscimana arrivata in europa e costretta in gabbia a esibirsi davanti a un pubblico pagante, in qualche specie di freak show.
Oltre a essere una riflessione abbastanza interessante sullo sfruttamento dell'immigrazione, mi ha fatto pensare ai reclusi del grande fratello, in una gabbia dorata felici di esibirsi davanti a un pubblico labilmente pagante.
Penso a come è mutato il rapporto tra sesso, denaro e celebrità.
a quanto le scelte siano davvero spontanee, ora forse non siamo più costretti dalla fame e dalla prigionia ma da coercizioni più subdole perché invisibili.


e penso a Sarah, uccise dall'ingordigia e dall'ignorante voyerismo dei nostri predecessori, che tanto assomiglia al nostro.

Le foto sono tratte dal film Venere Nera, distribuito in Italia da Lucky red e attualmente nelle sale.

sabato 2 luglio 2011

per quanto voi vi crediate assolti siete lo stesso coinvolti



Mentre l’Europa e negli Stati Uniti devono affrontare la minaccia di organismi che sono resistenti agli antibiotici, l’edizione del venerdì del quotidiano “The Independent” ha riportato che negli ultimi dieci anni tra gli agricoltori del Regno Unito è fortemente aumentato l’uso di farmaci che rischiano di sviluppare ceppi letali, che vanno a indebolire la possibilità dei medicinali di curare le malattie.
Negli ultimi dieci anni è aumentato fino a un massimo di otto volte l’utilizzo negli allevamenti di tre classi di antibiotici ritenuti dall’OMS “di notevole importanza per la salute umana”: le cefalosporine, i macrolidi e fluourochinoloni. Nello stesso periodo, il numero di animali è diminuito del 27% nei suini, del 10% nei bovini e dell’11% negli uccelli.
Gli esperti dicono che l’agricoltura intensiva, che alleva migliaia di animali in condizioni di ristrettezza di spazio per la pressione esercitata sui prezzi dalle grandi catene di supermercati, consente all’infezione di diffondersi più rapidamente e necessità sempre di una quantità maggiore di antibiotici. L’impiego diffuso degli antibiotici negli animali da allevamento viene riconosciuto come un fattore importante nel facilitare lo sviluppo di batteri resistenti.

Il mese scorso, gli scienziati britannici hanno identificato un nuovo tipo di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, che è stato per la prima volta rintracciato in un gran numero di animali nelle fattorie britanniche. Anche se questo organismo può essere distrutto con la pastorizzazione, si teme che possa diffondersi dai bovini agli esseri umani.
I geni resistenti che fanno parte del corredo del ceppo tossico di E. coli possono trasferirsi ai ceppi residenti nell’uomo. La Germania è stata lo scorso mese il centro di diffusione di un virulento ceppo di E. coli resistente agli antibiotici, che ha ucciso 39 persone e ne ha causato il ricovero di altre 3300: anche la sua propagazione è stata attribuita a un uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti.
Questo sviluppo sottolinea la minaccia globale portata dalla diffusione di organismi che non rispondono ai farmaci esistenti. Si stima che nell’Unione Europea ogni anno muoiano circa 25.000 persone a causa di infezioni batteriche che sono resistenti agli antibiotici, secondo i dati dell’OMS.
Gli ultimi dati rilasciati di venerdì dall’Health Protection Agency britannica mostrano un forte aumento dei batteri resistenti ai carbapenemici, un nuovo tipo di antibiotico potente, tanto da essere diventato un “problema globale di salute pubblica”. Gli organismi resistenti sono stati per la prima volta individuati nel 2003 e in ben cinque casi nel 2007. Nel 2011 sono stati identificati fino a maggio 657 casi, una cifra doppia del totale del 2010. Alcuni pazienti hanno contratto una setticemia mortale.
L’HPA, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) e gli scienziati indipendenti hanno messo in guardia sulla connessione tra l’uso delle moderne cefalosporine e l’incidenza di MRSA. Il consumo dei farmaci era legato alla presenza di organismi resistenti negli animali allevate, tra cui l’E. coli e la salmonella. Mark Holmes, docente di medicina veterinaria presso l’Università di Cambridge che ha guidato la ricerca sul nuovo tipo di MRSA, ha dichiarato: “Le cefalosporine sono tra gli antibiotici più efficienti e moderni e sono molto usati negli animali da allevamento. Forse dovremmo tornare a usarle solamente per gli esseri umani.”
La Norvegia, la Danimarca e la Svezia stanno introducendo normative severe sull’uso di antibiotici negli animali da allevamento, che richiederanno una diagnosi specifica da effettuare con prove di laboratorio per dimostrare quale tipo di antibiotico sia necessario. Ma in Gran Bretagna questi farmaci sono comunemente usati per evitare la mastite ai bovini, un’infezione della mammella che si verifica più frequentemente negli animali munti in modo eccessivo.
Secondo le parole di Holmes: “Siamo l’unico paese dell’Unione Europea che consente alle aziende farmaceutiche di vendere antibiotici direttamente agli agricoltori. Penso che sia ragionevole aspettarsi che le autorità debbano limitarne la vendita alle persone. Ci sono 18.000 i produttori di latte e molti a malapena riescono a guadagnarsi da vivere; per questo, andare da loro e dirgli di smettere di utilizzare gli antibiotici è ridicolo. Le autorità dovrebbero essere pronte a intervenire e dovrebbero trovare il modo migliore per proteggere gli allevamenti dai ceppi resistenti agli antibiotici.”
Soil Association” ha ”chiesto” di porre fine all’uso routinario degli antibiotici negli allevamenti da latte e l’introduzione di test completi dell’MRSA per gli animali da allevamento, per i lavoratori agricoli, per il latte e la carne.
Richard Young, consulente per le politiche per l’associazione, ha detto che il uso sempre più diffuso degli antibiotici è stato causato dalle esigenze innaturali dell’agricoltura intensiva: “Il problema di fondo è che i supermercati vedono gli animali solo come ingranaggi di un processo industriale. I margini di profitto sono incredibilmente stretti. La maggior parte di questi problemi possono essere evitati con processo meno intensivi, in modo che gli animali rimangano naturalmente sani.”
Gli scienziati hanno allertato sulla resistenza agli antibiotici da decenni, ma il problema si è acutizzato proprio quando il rilascio di nuovi farmaci è diminuito in modo sostanziale. In occasione di un incontro tenuto il mese scorso, l’OMS ha avvertito che l’uso sconsiderato degli antibiotici potrebbe far ritornare il pianeta alla condizione esistente prima della loro scoperta.
Un progetto di legge è stato presentato giovedì nel Senato USA per incoraggiare lo sviluppo di nuovi antibiotici contro le infezioni che resistono ai farmaci esistenti.

Il tempo di noi single non vale meno di quello di voi mamme


 ovviamente è una provocazione, ma quando il tempo è la cosa più preziosa di cui si dispone bisognerebbe fermare e rifletterci su un attimo

Il tempo di noi single non vale meno di quello di voi mamme

martedì 21 giugno 2011

mercoledì 15 giugno 2011

Fernando e il referendum



dopo Pisapia, i referendum... cos'altro ci aspetta, l'invasione degli UFO?
 

 quando ho visto la mostra di Michael Comte mi sono accorta che pur non avendo una conoscenza instintiva del suo nome e delle sue opere, in realtà avevo perfettamente presente il suo lavoro, che negli anni 90 capeggiava da ogni rivista, proponendoci ideali di bellezza artefatta e foograficamente perfetta, che hanno colonizzato il nostro immaginario in modo per ora indelebile.
Questo naturalmente non significa che l'opera di Comte sia deprecabile, tutt'altro. Solamente mi sono stupita di come le sue dive di plastica abbiano intaccato la nostra percezione della bellezza, elevando artificiale e l'innaturale a unico canone estetico possibile.

adesso servirebbe un nuovo Micheal Comte, un fotografo tanto visionario come il suo predecessore da coniare una nuova estetica per il 21° secolo, facendola finalmente finita con la falsità estetica spacciata per unica verità.



le foto, che sono formalmente perfette e godibili, sono in mostra in Triennale, a milano, fino al 3 luglio

se questo è un uomo...

privato della libertà e della sua disgnità da un sistema penale cinico e iniquo...
ecco il video realizzato da presa diretta all'interno degli OGP



e l'editoriale di oggi del manifesto
Lo scandalo degli Opg
Solo la Commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale e i Presidenti della Repubblica e del Senato avevano visto integralmente il filmato di mezz'ora che il 9 giugno ha aperto il convegno sugli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) ed è rimbalzato in quasi tutti i telegiornali della sera. Corpi sformati, persone disperate, spazi angusti, gabinetti rotti, letti di contenzione, storie di soprusi e violenza, non raramente di morte fisica, sempre di incuria e morte civile: le visite a sorpresa negli Opg, effettuate nei mesi scorsi dalla Commissione presieduta da Ignazio Marino, hanno documentato una situazione atroce e nota. Infatti c'era tensione palpabile ma nessuna sorpresa nel pubblico convocato a Palazzo Giustiniani, un centinaio di addetti ai lavori tra responsabili sanitari e penitenziari degli Opg, giudici di sorveglianza, dirigenti di dipartimenti di salute mentale e dell'amministrazione penitenziaria, esponenti di quel mondo associativo che da decenni presidia la questione Opg e da qualche mese ha aperto una nuova campagna per l'abolizione di questi istituti (www.stopopg.it).
Alla fine del lungo dibattito, un'ovvia unanimità su alcuni punti: chiudere questi Opg, intervenire sui canali che li alimentano, utilizzare gli strumenti giuridici e le risorse da tempo disponibili per ricollocare all'esterno la gran parte delle persone internate e prendersi cura di loro. Era però assai difficile allontanare la sensazione che oggi nessuna autorità, dai ministri di sanità e giustizia agli assessori regionali (tutti assenti), abbia la volontà e la forza di rendere meno intollerabile, nel nostro paese, la distanza tra ciò che le leggi consentono e prescrivono e ciò che le istituzioni pubbliche fanno e non fanno. Per questo è così importante far uscire la questione Opg dalle stanze degli addetti e includerla nell'agenda che i cittadini devono costruire sia per cambiare il governo che per cambiare la cultura di gran parte della classe politica su questioni che riguardano le libertà di tutti e i fondamenti della democrazia anche se toccano gruppi ristretti e istituzioni marginali.

Gli opg sono sei (a Castiglione delle Siviere, vicino a Mantova, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina) e ci sono più di 1500 persone internate. Mai negli ultimi trent'anni era stata raggiunta questa cifra, anzi per tutti gli anni'90 gli internati erano stati meno di 1000. La crescita attuale è l'esito di diversi fattori: nasce certo dalle politiche recenti di crescita della carcerazione da un lato e impoverimento dei servizi sanitari e sociali dall'altro, ma è anche il frutto dell'aver lasciato a se stesso, com'è nel costume politico italiano, il processo di riforma degli Opg messo in opera sia dalla Corte Costituzionale che da diversi decreti di attuazione delle norme sul Servizio sanitario nazionale. Con una ventina di sentenze emesse in gran parte dopo la legge 180, la Consulta ha infatti cancellato alcuni degli automatismi più aberranti del Codice Rocco che nel 1932 aveva disegnato gli Opg, è intervenuta sui canali di alimentazione di questi istituti e sui meccanismi di uscita. Queste sentenze, insieme alla legge 180 e alle norme sul passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, hanno creato da tempo le condizioni per ridurre i nuovi ingressi e portare a poche centinaia il numero degli internati. Invece gli internati crescono, e le aberrazioni giuridiche continuano anche quando la legge consente di evitarle.

Un esempio: 380 internati sono trattenuti illegalmente. Si tratta di persone che hanno concluso la misura di sicurezza e sono state dichiarate non più «pericolose», eppure il giudice rinnova la misura perché i servizi di salute mentale non vogliono o dicono che non possono prendersi cura di questi loro cittadini, oppure non rispondono alla lettera del magistrato, il quale pigramente rinnova la misura. Il Comitato Stop Opg ha chiesto di conoscere la geografia di questi internamenti illegali per poter contattare le Asl, offrire collaborazione e suggerire le modalità di accesso ai fondi, che la metà delle regioni neppure hanno chiesto, per costruire progetti individualizzati di riabilitazione.
Altro esempio. Oltre la metà degli internati ha commesso «reati bagatellari», - alterchi, minacce, piccoli danneggiamenti - che implicherebbero pene inferiori ai due anni e sono stati perciò condannati alla misura di sicurezza di durata più bassa, cioè due anni (all'opposto, a meno del 20% degli internati è stata inflitta la misura di durata più alta in quanto autori di reati gravi come l'omicidio). Dunque una buona metà degli internati, senza il giudizio di non imputabilità, avrebbe probabilmente avuto una carcerazione più breve. Questa è certo una scandalosa iniquità del codice penale, ma la Corte Costituzionale è intervenuta più volte su questo punto, l'ultima nel 2003 quando ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 222 del codice penale «nella parte in cui non consente al giudice di adottare, in luogo del ricovero in Opg, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale». Questa sentenza chiarisce anche che la misura di sicurezza può essere «la libertà vigilata accompagnata dalla prescrizione di un rapporto stabile e continuativo con il servizio psichiatrico territoriale».
Quanta parte degli internati attuali avrebbe potuto evitare l'Opg se i servizi di salute mentale, i giudici di sorveglianza, i poliziotti e i magistrati si fossero messi a lavorare insieme, caso per caso, utilizzando, come si fa in alcune Asl e regioni, le leggi e le risorse esistenti? Bisogna ricominciare a chiedere conto dei «crimini di pace», come li chiamava Franco Basaglia, che oggi fanno più rabbia perché sappiamo cos'altro si potrebbe fare e invece ci ritroviamo a essere ancora testimoni dell'illegalità, della violenza e della morte amministrate dalle istituzioni democratiche in nome della cura e della protezione.
Una questione, a questo punto, sulla politica e sulla sua capacità di produrre e governare innovazioni istituzionali orientate al rispetto dei diritti. Abbiamo avuto una riforma, la 180, criticata in quanto non graduale, «violenta», nella scelta di chiudere il manicomio. Abbiamo sotto gli occhi il processo graduale che ha riformato gli Opg. Ma in un caso e nell'altro abbiamo una politica che poco o nulla ha fatto per promuovere il riorientamento delle istituzioni sulle nuove norme e per scoraggiare la persistenza delle vecchie attitudini e di comportamenti ai margini della legalità. Avrà ben poco esito una riforma organica degli Opg se la politica non saprà riformarsi.
©Maria Grazia Giannichedda

lunedì 13 giugno 2011

domenica 12 giugno 2011

yes man? e diciamo no!

 

in questi tempi referendari sembra che si sia perso il gusto di andare a votare per dire no.
il sì ha esposto le sue ragioni per l'abrogazione delle leggi. altri preferiscono invitare all'indifferenza.
ma insomma! ci sono 2 risposte. o sì o no.
con questi manifesti quei geniacci di Spinoza danno voce a chi ha il coraggio di votare no.



e poi se Scajola ci mette la faccia...

martedì 7 giugno 2011

Essere donna oggi... a lagos

Da Internazionale  #900
Chimamanda Ngozi Adichie, Financial Times, Gran Bretagna
Un’umida sera di due anni fa. Sono in macchina con un amico e abbasso il finestrino per dare la mancia a un ragazzo, uno delle migliaia di giovani disoccupati di Lagos che ciondolano in giro, allegri e pieni di risorse, e ti aiutano a parcheggiare aspettandosi qualche spicciolo. Tiro fuori i soldi dalla mia borsa. Lui li prende con un sorriso riconoscente. Poi guarda il mio amico e dice: “Grazie, signore!”.
Essere relativamente giovane (poco più di trent’anni) e donna in una città della Nigeria significa questo. Stai guidando, un poliziotto ti ferma e delle due l’una: ti guarda con occhi maliziosi dicendo “bella zietta, mi vuoi sposare?”, oppure sogghigna e lascia nell’aria una domanda così pesante che non c’è neppure bisogno di darle voce: “Chi è l’uomo che ti ha comprato questa macchina e cos’hai dovuto fare per convincerlo?”. Hai un’alternativa: recitare la parte della donna dura e arrabbiata quindi offendere la sua virilità, con il risultato che ti costringerà a parcheggiare sul lato della strada pretendendo un documento dopo l’altro. Oppure recitare la parte della giovane smorfiosa e lusingare la sua mascolinità, già resa fragile da una paga misera e varie altre vergogne dello stato nigeriano. È un’alternativa che mi rende furiosa. Sono furiosa per l’idea scontata in partenza che essere giovane e donna significhi non essere in grado di guadagnarsi da vivere senza un uomo. Eppure. A volte faccio la smorfiosa e sorrido, perché sono in ritardo oppure ho caldo o semplicemente perché non sono abbastanza fedele ai miei princìpi femministi.
Ho un’amica che, apparentemente, è un modello da imitare. È bella, ha due lauree di un college americano della Ivy League e un marito affascinante con lo stesso curriculum accademico, ha due figli che hanno cominciato a leggere a due anni, sulle riviste è sempre ai primi posti nella classifica delle donne nigeriane di successo, negli ultimi dieci anni ha lavorato in società di consulenza, gestione di hedge fund e organizzazioni non governative, insegna alle ragazze come avere successo in un mondo dominato dagli uomini. Eppure.
Un giorno mi ha detto di aver smesso di concedere interviste perché al marito non piacevano le sue foto sui giornali, e di avere anche deciso di prendere il cognome del marito perché lui era seccato che sul lavoro lei continuasse a usare il suo. Espressioni come “onorarlo” e “per la serenità del mio matrimonio” le sono rotolate giù dalla bocca formando quello che ho visualizzato come un tizzone rovente di autocontrollo.
Un’altra mia amica è molto attraente, molto istruita, siede nel consiglio di amministrazione di varie aziende e si occupa di quelle attività di management che per me sono arabo. È nubile. Ha qualche anno più di me, ma sembra molto più giovane. La prima volta che ha partecipato alla riunione di un consiglio di amministrazione un uomo, dopo esserle stato presentato, le ha chiesto: “Lei di chi è moglie o figlia?”. Perché secondo lui quella era l’unica possibile spiegazione della sua presenza lì. È venuto fuori che lei era l’amministratore delegato. Eppure. Vive in una città dove le sue amiche non sognano di diventare amministratore delegato, ma di sposarne uno, una città dove il fatto di non essere sposata è considerato un affronto, dove il matrimonio comporta più prestigio sociale e politico di quanto dovrebbe.
Un’altra mia amica è una scrittrice di talento, una donna schietta che innervosisce la gente discutendo apertamente di sesso, una donna che si definisce femminista e parla molto di uguaglianza di genere e di cambiare il sistema. Eppure. Guadagna più del marito, ma una volta mi ha raccontato che era lui a pagare l’affitto, perché quello è un dovere dell’uomo. “Anche se lui è in bolletta e io ho soldi, per poter pagare l’affitto va a chiedere un prestito”. Ha fatto una pausa, arrotolandosi questa contraddizione intorno alla lingua, e poi ha aggiunto. “Forse è per via della nostra cultura. È quello che loro ci hanno insegnato”.
Quel “loro” c’è sempre, ovviamente. Due anni fa mio cognato e io come al solito parlavamo di politica, sprofondati nei divani del suo salotto di Lagos.
“Credo che tra qualche anno mi candiderò per diventare governatrice”, ho detto con l’aria pensosa di chi crede solo in parte a quello che dice.
“Non diventeresti mai governatrice”, ha subito reagito mio cognato. “Potresti diventare senatrice, non governatrice. Non una donna”.
Quello che voleva dire è che un governatore ha troppo potere e controlla troppi soldi, e nessuna di queste cose poteva essere lasciata a una donna da questi invisibili “loro”. Eppure. So benissimo che quindici anni fa non avrebbe detto “potresti diventare senatrice”. Il governo civile ha permesso una maggiore partecipazione delle donne alla politica e i ministri più popolari ed efficaci degli ultimi dieci anni sono stati donne. Nei prossimi dieci anni, mio cognato probabilmente sarà smentito dai fatti. Nei prossimi trent’anni sicuramente sarà smentito dai fatti. Però dovrebbe essere sposata, la donna che diventerà governatrice.
Il mio primo romanzo è entrato nei programmi di liceo dell’Africa Occidentale. Il mio secondo romanzo si studia all’università. Una domanda che sono quasi sempre sicura di sentirmi rivolgere nelle interviste è qualche variante di: apprezziamo il lavoro che sta facendo e i suoi romanzi sono importanti, ma quand’è che si sposa? Io rifiuto di accettare che l’istituzione del matrimonio sia quello che mi dà valore, e rifiuto di apparire stupida, timida o entrambe. È un equilibrio precario.
“Farebbe questa domanda a uno scrittore maschio della mia età?”, ho chiesto una volta a un giornalista di Lagos.
“No”, ha risposto guardandomi come se fossi un po’ scema. “Ma lei non è un maschio”.
Traduzione di Giuseppina Cavallo.
Internazionale, numero 900, 2 giugno 2011
Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana nata nel 1977. È autrice di L’ibisco viola e Metà di un sole giallo. Questo articolo è uscito sul Financial Times con il titolo “A young female is unsuccessful without a man in Nigeria?”
Illustrazione di Angelo Monne.

domenica 5 giugno 2011

Milano val bene un sì!

se dei referendum del 12 e 13 giugno si parla poco purtroppo non si sa molto nemmeno delle 5 schede extra che voteremo a milano.
I quesiti riguardano il futuro assetto ecologico della città, dall'implemento dei mezzi pubblici al futuro del parco agricolo post expo 2015 ai navigli.
Insomma 5 questioni importanti che cambieranno l'aspetto e la vivibilità della milano del futuro.
per avere qualche informazione in più qui trovate 1 pdf e su questo sito altre info.
buon voto a tutti!

sabato 28 maggio 2011

se vince pisapia, temo tu debba andare via...

http://tv.repubblica.it/copertina/incarcerabile-sora-cesira-colpisce-ancora/69261?video

mitica sora cesira!
spero che questo post non violi il silenzio elettorale ;)